Qualche tempo fa Laura Scarpa mi ha contattato per chiedermi di scrivere una lezione sull'argomento.
Il titolo che gli ho dato è proprio questo: Elementi di Matematica per giovani illustratori. Partendo da una formazione scientifica ho cercato di descrivere con sufficiente rigore il paradigma entro il quale possiamo analizzare o costruire un'illustrazione.
Il risultato è una lunga disquisizione (preferisco chiamarla così) con tantissime immagini rubate da grandi maestri e ottimi colleghi: Cambellotti, Cornell, Picasso, Giacomelli, Erlbruch, Rockwell, Kubrick, Pintér, Mazzucchelli, Villa e chi più ne ha...
Purtroppo per espressa richiesta c'è anche qualche mia immagine.
Credo che abbiano diviso il risultato finale in due parti, spalmate quindi su due numeri. Qui potete leggere un piccolo estratto, come anticipazione della seconda parte.
[Se
però la narrazione metonimica attinge al nostro bagaglio sociale, quella
metaforica fa leva sul bagaglio culturale del singolo. Una implica un
trasferimento di significante e l’altra un trasferimento di significato.
Per
fare qualche esempio, parto dalla narrativa.
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Copertina
della prima edizione originale, 1900
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“Il
meraviglioso mago di Oz”, che tutti conosciamo come il più importante romanzo della
letteratura per bambini americana, in realtà è una grandissima metafora, perché
esprime il pensiero di Frank Baum, autore e soprattutto ricco petroliere,
riguardo alla massiccia deflazione che fece crollare i prezzi nell’economia
americana alla fine dell’800. In quel momento molti contadini dell’ovest erano
indebitati con le banche dell’est e il valore reale dei debiti, a causa della
deflazione, aumentò. Alcuni politici populisti ipotizzarono l’assunzione
dell’argento come moneta da affiancare all’oro, rompendo il regime di Gold
Standard, per aumentare l’offerta di moneta complessiva, generare l’inflazione
e riportare i prezzi a livelli normali.
Ogni personaggio e ambientazione del romanzo possono essere associati ai
protagonisti e ai luoghi di questa vicenda politico-economica. Non è un caso
che alla fine Dorothy ritrovi la via di casa non seguendo la strada gialla (il
Gold Standard), ma grazie alle sue scarpette d’argento (secondo l’edizione
originale).
Passiamo
al cinema: la morte negata di Jack Nicholson in “Professione reporter” o la
clava scagliata nel cielo in “2001, Odissea nello spazio” sono altri due esempi
di narrazione metaforica, e più in generale lo è tutto il cinema di Antonioni e
Kubrick.
Non
solo sul piano della scrittura, ma anche nella regia.
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2001, A Space Odyssey, Stanley Kubrick, 1968
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Afferriamo
il senso di quest’inquadratura se conosciamo il Rinascimento (immaginate le
varie visioni de La Città ideale) e lo inseriamo nell’epica kubrickiana, che
soprattutto in questo film è fatta di scetticismo e demitizzazione della
Ragione umana.
Procedendo
dall’inquadratura all’illustrazione, ecco qualche esempio.
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The Role of Art Critics, Emiliano Ponzi, 2012
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Il
bravissimo Emiliano Ponzi sulla critica d’arte contemporanea riesce a esprimere
perfettamente una diffusa perplessità, che potremmo riassumere con il principio
essenziale della Conoscenza di Anassagora: il simile conosce il simile. O più
volgarmente potremmo interpretare in questo senso: il critico s’interessa a ciò
che gli appartiene. Meglio ancora: il critico si interessa a ciò che torna alle
proprie tasche… visto che si tratta di pantaloni.
Fra interpretazione di un’immagine metaforica e
analisi del sogno c’è una certa analogia: la chiave di lettura può apparire
complessa, ma il messaggio è sempre essenziale.
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Copertina
di 6 Messaggi per Ellery Queen,
Ferenc Pintér, 1981
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Ferenc Pintér,
protagonista indiscusso sul mio scaffale “illustratori”, sembra voler tracciare
con una mappa di graffi una verità assoluta: le parole (forse di un segreto)
possono uccidere più delle pallottole.
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Copertina
di Batman The 10 Cent Adventure, Dave Johnson, 2002
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David
Johnson riprende un’immagine iconica, apparsa per la prima volta come cover del
numero 9 di Batman (1942) ad opera di Jack Burnley, e poi reinterpretata,
omaggiata nel corso dei decenni da un’infinità di autori: Norm Breyfogle, Jim
Lee, David Mazzucchelli, Alex Ross…
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Copertina
di Batman #9, Jack Burnley, 1942 |
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Copertina
di Batman with Robin #465, Norm Breyfogle |
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Copertina
di All Star Batman & Robin #9, Jim Lee |
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Tratta da Batman: Year One #4 (Batman #407), David Mazzucchelli
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Omaggio
di Alex Ross alla copertina di Burnley
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Johnson
capovolge il meccanismo. Non è Batman a dover temere che si faccia luce sulla
sua maschera, ma Bruce Wayne, perché è lui ad indossare una maschera e quella
luce, così come un’ombra descrive la forma di un oggetto, può svelare la vera
natura del vizioso e stravagante miliardario da rotocalco: quella di un
cavaliere oscuro. Il tema/conflitto della maschera e del personaggio è presente
nel fumetto e nella visione di Tim Burton (Batman returns), così come nei tre
film di Nolan.]
Aggiungo ora che non a caso la posa di Bruce è più vicina a quella del puer Robin, che del senex...
Spero che quest'assaggio abbia reso l'idea: buona lettura su Scuola di Fumetto #86, in edicola... a momenti.