In pieno trasloco a casa di un amico ed è un momentaccio.
Mi chiama Giovanni Gualdoni, curatore di Dylan Dog, forse vuole propormi una storia del Color Fest e invece no: mi propone la copertina del prossimo (Color Fest).
Sono un cane al parco, corro in cerchio con la lingua penzoloni e ho il panico, perché abbiamo detto che è un momentaccio e nei prossimi dieci giorni so che dovrò portare avanti il trasloco.
Ok, mantengo la calma e indosso il fez. Iniziamo a contrattare. Giovanni cercherà di capire se c'è margine e intanto mi fa: -sai, in genere lasciamo abbastanza liberi per la copertina del Color Fest... ma tu dovrai seguire le nostre indicazioni.
"Fantozziiii!"
Passa qualche ora e se ho dieci giorni con trasloco, devo sbrigarmi, allora prima che la giornata finisca e inizi il weekend, ricontatto Giovanni: ti stavo giusto scrivendo- dice.
E scopro che ho più tempo, un mese. Grazie, Sergio Bonelli Editore!
Nella mail che ricevo c'è il bozzetto e un briefing. Non posso mostrare il bozzetto, ma in sostanza ci sono cinque Dylan Dog.
Nella mail che ricevo c'è il bozzetto e un briefing. Non posso mostrare il bozzetto, ma in sostanza ci sono cinque Dylan Dog.
"Fantozziiii!"
Piano americano: il classico Dylan al centro e altri quattro schierati a "V", due a destra e due a sinistra. Tutti guardano in macchina...
Requiem per un copertinista.
E' un'impostazione necessaria e ne capisco il senso. Parliamo di quattro versioni "what if" del nostro eroe, collocate in un altro dove e un altro quando. Ogni proposta alternativa sarebbe difficile. E forse in casa editrice hanno deciso che anche per il Color Fest conviene realizzare una copertina attinente ai contenuti. Non sottovaluto il presentimento che qualcuno mi immagini come Caligola, dopo le copertine di John Doe, quindi i paletti ci stanno tutti.
Ma Giovanni mi incoraggia a proporre soluzioni più personali, rispettando il briefing.
Requiem per un copertinista.
E' un'impostazione necessaria e ne capisco il senso. Parliamo di quattro versioni "what if" del nostro eroe, collocate in un altro dove e un altro quando. Ogni proposta alternativa sarebbe difficile. E forse in casa editrice hanno deciso che anche per il Color Fest conviene realizzare una copertina attinente ai contenuti. Non sottovaluto il presentimento che qualcuno mi immagini come Caligola, dopo le copertine di John Doe, quindi i paletti ci stanno tutti.
Ma Giovanni mi incoraggia a proporre soluzioni più personali, rispettando il briefing.
Quindi presento tre bozzetti. Il primo, la mia interpretazione-risposta diretta al layout: classica, statica, simmetrica.
Secondo bozzetto, una "variazione sul modulo": dinamico ma ordinato, sulla diagonale positiva, con una linea di forza che rompe l'andamento. Non passerà mai! Troppo poco Bonelliana.
Terzo bozzetto, quello su cui punto e che viene scelto. Ho la possibilità di creare l'apparente disordine che amo tanto, con andamento circolare, in equilibrio su piccoli fulcri, rischiose tangenti e secanti, pieni e vuoti... in più qui posso far recitare i personaggi e avvicinarmi a un'impostazione narrativa.
Uno step intermedio. Lavoro su toni caldi, voglio proporre un fondo infuocato, contro il buon senso e per allontanarmi dalle altre cover. Con cinque Dylan Dog una scenografia soffocherebbe l'illustrazione: vorrei tanto che alcuni lettori lo capissero... "più disegno" non è uguale a "più bello".
Ma tornando al colore, il giallo e l'arancio come temevo non passano, perché la testata potrebbe staccare poco. Ci ho provato.
Ma tornando al colore, il giallo e l'arancio come temevo non passano, perché la testata potrebbe staccare poco. Ci ho provato.
Passa il fondo grigio.
Qui una versione alternativa e apocrifa della cover.
Mi sono divertito.
La questione dell'originale digitale
Esiste quello che i collezionisti chiamano "originale" per gli illustratori digitali? La risposta è sì: un'unica giclée, firmata, matricolata e certificata, non solo dall'autore ma anche dallo stampatore.
Nel senso che con queste caratteristiche e a queste condizioni non esisteranno mai altre riproduzioni.
E' la frontiera della Fine Art Giclée: ridurre all'unico esemplare la tiratura per arrivare a far combaciare il concetto di originale "tradizionale-analogico" con quello di originale "digitale".
Contraddice in termini pratici il vero vantaggio del digitale: la riproducibilità Ma apre gli occhi a quei collezionisti che ancora fanno fatica ad accogliere un sistema consolidato in altri ambienti e in altri paesi.
L'uomo che si è aggiudicato quest'unica Giclée è Nicola Pesce, l'editore. Nicola non è estraneo al mercato del Pop Surrealism e da mecenate lungimirante, vede già un mondo di collezionisti aperto agli illustratori digitali, accorciando le distanze che separano il pigmento dal pixel.
E' la frontiera della Fine Art Giclée: ridurre all'unico esemplare la tiratura per arrivare a far combaciare il concetto di originale "tradizionale-analogico" con quello di originale "digitale".
Contraddice in termini pratici il vero vantaggio del digitale: la riproducibilità Ma apre gli occhi a quei collezionisti che ancora fanno fatica ad accogliere un sistema consolidato in altri ambienti e in altri paesi.
L'uomo che si è aggiudicato quest'unica Giclée è Nicola Pesce, l'editore. Nicola non è estraneo al mercato del Pop Surrealism e da mecenate lungimirante, vede già un mondo di collezionisti aperto agli illustratori digitali, accorciando le distanze che separano il pigmento dal pixel.