«Cos’hai in tasca?» e dopo una breve pausa «e questi per chi sarebbero?».
I suoi occhi erano increduli e furiosi. Il cervello era un cavallo a briglie sciolte. «Ti ho fatto una domanda» chiese ancora.
«Arrivo, arrivo» rispose qualcuno dall’altra stanza.
L’uomo guardò prima il viso della donna, freddo e gelido, poi il pacchetto che teneva in mano. Chiuse un istante gli occhi e sospirò. Si sedette sull’elegante divano in pelle nera e sospirò ancora.
«C’era anche un biglietto» pausa «non hai cercato bene».
Il viso della donna divenne paonazzo, ma non disse nulla. Come un automa tolse il cappotto dall’appendiabiti e frugò ancora. Tirò fuori un pezzo di carta tutto unto e sporco, di quelli che si usano per incartare il pane.
«Sei stanco di ragazzine che hanno l’età di tua figlia?».
L’uomo non rispose. La guardava dritto negli occhi con una smorfia. I suoi occhi erano tristi, al limite della disperazione.
«Non ho forse diritto a una spiegazione» lo incalzò.
«Certo, cara» ancora un profondo respiro «leggi» e le fece segno di sedersi.
La donna rimase ostinatamente in piedi.
Caro Babo Natale,
ti scrivo questa lettera perché una mia amica che è tanto tanto malata vuole chiederti il suo desiderio. Nella vetrina di un negozio della stazione a visto un paro di orecchini tanto belli, con la pietra verde, mi pare che si dice smeraldo. Che glieli puoi portare? Noi due abitiamo qui, a piazza dei Cinquecento, è facile, vicino al semaforo di viale Errico De Nicola.
Grazzie.
Elvira Nattei
Quando finì di leggere, la donna alzò il suo sguardo interrogativo sull’uomo. Lui la fissava.
«Era sull’albero di Natale all’ingresso della stazione, quello su cui Beatrice mi aveva chiesto di lasciare la sua letterina. L’ho presa, senza sapere nemmeno perchè».
La donna si lasciò cadere sulla poltrona.
«Il treno era in ritardo. Ho fatto un giro tra i negozi della stazione e li ho visti». Si passò una mano tra i capelli. «È stupido, ma non ho avuto il coraggio di portarglieli».
Un lungo silenzio.
«Scusa» cominciò la donna «io credevo che…».
Interrompendola: «anch’io pensavo che fosse possibile ricominciare, ma forse mi sbagliavo. Ci siamo sbagliati. Non hai fiducia in me. Che senso ha andare avanti?».
«No, dai, non farne una tragedia…parliamone».
L’uomo si alzò, senza dire una parola. Prese dalle mani della moglie il pacchetto, il pezzo di carta e li rimise nella tasca del cappotto.
«Forse domani».
I suoi occhi erano increduli e furiosi. Il cervello era un cavallo a briglie sciolte. «Ti ho fatto una domanda» chiese ancora.
«Arrivo, arrivo» rispose qualcuno dall’altra stanza.
L’uomo guardò prima il viso della donna, freddo e gelido, poi il pacchetto che teneva in mano. Chiuse un istante gli occhi e sospirò. Si sedette sull’elegante divano in pelle nera e sospirò ancora.
«C’era anche un biglietto» pausa «non hai cercato bene».
Il viso della donna divenne paonazzo, ma non disse nulla. Come un automa tolse il cappotto dall’appendiabiti e frugò ancora. Tirò fuori un pezzo di carta tutto unto e sporco, di quelli che si usano per incartare il pane.
«Sei stanco di ragazzine che hanno l’età di tua figlia?».
L’uomo non rispose. La guardava dritto negli occhi con una smorfia. I suoi occhi erano tristi, al limite della disperazione.
«Non ho forse diritto a una spiegazione» lo incalzò.
«Certo, cara» ancora un profondo respiro «leggi» e le fece segno di sedersi.
La donna rimase ostinatamente in piedi.
Caro Babo Natale,
ti scrivo questa lettera perché una mia amica che è tanto tanto malata vuole chiederti il suo desiderio. Nella vetrina di un negozio della stazione a visto un paro di orecchini tanto belli, con la pietra verde, mi pare che si dice smeraldo. Che glieli puoi portare? Noi due abitiamo qui, a piazza dei Cinquecento, è facile, vicino al semaforo di viale Errico De Nicola.
Grazzie.
Elvira Nattei
Quando finì di leggere, la donna alzò il suo sguardo interrogativo sull’uomo. Lui la fissava.
«Era sull’albero di Natale all’ingresso della stazione, quello su cui Beatrice mi aveva chiesto di lasciare la sua letterina. L’ho presa, senza sapere nemmeno perchè».
La donna si lasciò cadere sulla poltrona.
«Il treno era in ritardo. Ho fatto un giro tra i negozi della stazione e li ho visti». Si passò una mano tra i capelli. «È stupido, ma non ho avuto il coraggio di portarglieli».
Un lungo silenzio.
«Scusa» cominciò la donna «io credevo che…».
Interrompendola: «anch’io pensavo che fosse possibile ricominciare, ma forse mi sbagliavo. Ci siamo sbagliati. Non hai fiducia in me. Che senso ha andare avanti?».
«No, dai, non farne una tragedia…parliamone».
L’uomo si alzò, senza dire una parola. Prese dalle mani della moglie il pacchetto, il pezzo di carta e li rimise nella tasca del cappotto.
«Forse domani».
10 commenti:
Ma sono due cuori ,che bruciano nel camino?
Auguri a voi di tutto cuore Davide.
Ci sentiamo presto
...sono due cuori.
Bravo.
E' un racconto di Natale che ha scritto Silvia, e io ho illustrato.
...poi ne ho scritto uno anch'io, e lei ha illustrato il mio.
...
Buon Natale
che frociata pazzesca!
scrivi pure poesie, già che ci sei!
nessuna offesa intesa per l' eventuale lettore omosessuale del mio commento.
No, quello col fisico da poeta sei tu!
"nessuna offesa intesa per l'eventuale lettore poeta del mio commento."
Auguri di buone feste,davide.
Proprio bella questa illustrazione!
Con che tecnica è realizzata?
RC
Auguri a te, Raul!
Un volgare Photoshop.
Beh,non c'è niente da fare...sei un MOSTRO!
AAAARRGHH!!!(invidia)
RC
Iu lusing mi!!!
Tenchiù verimacc!
In rialiti ai fil tuttaltr che monster in tis piriod, bicos ai me sent a bit depress end ai dont disegn verimacc... ai op che 2008 uil bi nu poc megl...
Eniuei tenchiù assai!
Ai apprezz verimacc ior support tu mi.
best uisces!
oh, iu don't preoccup! iu dont sol,ank io un pò depress anz,più ke un pò......sperem che l'ann pross è veri veri megl che quest...
Tenchiù,best best uisces ank a iu, ok?
Tuo italian friend,
Raul.
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