giovedì 9 gennaio 2014

Elementi di Matematica per aspiranti illustratori (parte 1 di 3)

Più di un anno fa Laura Scarpa mi chiese di scrivere una sorta di "lezione" sulla copertina. 
Avevo chiaro il target, non avevo ben chiaro quale fosse il format. Per eseguire questo compito, senza tirare in ballo le mie discutibilissime capacità di illustratore o di docente, dovetti faticare più del previsto, perché scrivere mi avrebbe costretto a raccogliere, riordinare idee e materiale accumulato negli anni. Per questo ringrazio Laura.
Il risultato fu una lunga disquisizione sull'illustrazione e in particolare la copertina, pubblicata in due parti su Scuola di Fumetto #86 e #87.


Copio e incollo: perdonate i refusi e buona lettura!

(PARTE 1 DI 3)

Premessa


Sull’argomento è stato scritto molto, così com’è possibile trovare manuali di ogni genere.
Quello che un singolo illustratore può aggiungere è il proprio punto di vista, fatto di esperienze, errori, carattere e difetti.
Detto ciò, quando racconto agli studenti come ho realizzato un’illustrazione, quello che davvero mi interessa è far capire loro quale background mi è necessario e in quale paradigma io inserisco un’immagine, per smontarla o per costruirla. 
Nell’avvalorare quest’operazione, porto ad esempio le illustrazioni dei grandi maestri o di bravissimi colleghi, perché ritengo autoreferenziale e controproducente, oltre che ininfluente, mostrare i miei lavori. 
Come a dire che non si presentano prove in conflitto d’interesse con la tesi da dimostrare. 
Solo alla fine di questa lunga spiegazione, da immaginare letteralmente come lo spiegarsi di una vela, io sono in grado di navigare verso le mie illustrazioni e descrivere perché sono arrivato a fare quelle scelte. 
Ma Laura Scarpa mi ha chiesto di mostrare i diversi passaggi di lavorazione delle mie copertine, quindi cercherò di dare un colpo al cerchio e uno alla botte.

Copertina di John Doe #12 - La stirpe della signora nera


Sulla tecnica

Non sono un fanatico della tecnica e molti altri colleghi sono più bravi di me a raccontare su quale tipo di foglio, con quale marca di pennino hanno inchiostrato quella roccia o con quale tipo di medio screpolante hanno realizzato un bellissimo effetto acqua.
Generalmente io lavoro in digitale, con Photoshop. 
Il primo studio avviene spesso su carta, per praticità e immediatezza più che per retaggio culturale: posso appuntarmi uno scarabocchio sul retro di un volantino, mentre vado in metro… con un iPad probabilmente farei la stessa cosa, ma ho una forte allergia a qualsiasi tecnologia. Mi bastano pochi segni incomprensibili per abbozzare l’idea.


Dopo aver scansionato quell’appunto a matita, procedo con la tavoletta grafica: una Wacom Intuos 4, con cui mi sono sforzato di sostituire la Graphire Steel Blue che mi ha accompagnato per quasi un decennio… stesso discorso di cui sopra, sull’allergia alla tecnologia.
Inserisco l’immagine nella gabbia della copertina: utile farlo soprattutto quando la testata e la grafica occupano spazi consistenti, rischiando di impallare gli elementi narrativi della nostra illustrazione.
Definisco le masse e i piani con qualche pennellata di chiaroscuro: il bozzetto prende vita.


A questo punto le regole che portano dal bozzetto al definitivo sono semplici: rigore e documentazione.
Per questa copertina in particolare però ho fatto una piccola eccezione, ragione per cui mi è sembrato utile inserirla in questo contesto: le quinte dei goblin sono realizzate a matita e pantone su un foglio Schoellershammer Shutzmarke - Hammer 4g.


Credo che questo tipo di foglio sia fuori produzione, ma con un po’ d’impegno si trovano supporti simili (mi viene in mente lo Schoeller supportato).
Il pantone spande e viene completamente assorbito dalla normale carta extrastrong. Permette invece un controllo assoluto sui fogli lisci Fabriano, di grammatura medio-alta, ma in quel caso non bisogna mai partire con colori scuri.
È interessante osservare come si comporta questo medium su un foglio pressato, la cui superficie è talmente compatta da formare uno strato quasi impermeabile. Nonostante il pantone abbia una base alcolica e quindi evapori molto velocemente, se si prepara la superficie dello Schoeller con una prima veloce campitura di base (un colore molto chiaro), accade che il pigmento, dopo pochissimi passaggi, inizi a scivolare sul foglio. L’accumulo di pigmento è tale da poter essere trascinato come un medium materico e si creano degli effetti simili all’olio e all’acquerello, ma che in realtà sostanzialmente otteniamo con un pennarello a base alcolica.
È inoltre una tecnica velocissima e ha quel minimo margine di casualità che può condurre a risultati interessanti.
Qui ho aggiunto un po’ di matita solo per questioni di tempo, ma in questo tipo di colorazione la matita non è affatto necessaria.

Illustrazione realizzata con la tecnica descritta

Mi allontano da questa breve divagazione sulla tecnica, ma in qualche modo ci torneremo, per affrontare il discorso “background e paradigma” a cui ho accennato nella premessa.


Il background

Negli scaffali della mia ideale “libreria da illustratore” c’è ogni tipo di materiale, che serva da documentazione o ispirazione: un libro ammuffito trovato in un mercatino, con incisioni sulla Cina rurale ottocentesca, il manuale d’istruzione di un frullatore o il catalogo di loghi e grafica delle pubblicità anni ’60. Seguono centinaia di maestri e altrettanti fuoriclasse contemporanei. 
Attraverso internet o il continuo ronzio con amici e colleghi li scopriamo, ce ne innamoriamo e quando scocca una scintilla più luminosa delle altre, non possiamo fare a meno di andare a caccia delle loro monografie. 
Ma quello che non può mancare su quegli scaffali sono tre generi di libri: Pittura, Fotografia e Illustrazione per l’infanzia.

La Pittura è il nostro ipotalamo e da essa recuperiamo una forza primitiva, reinventiamo un linguaggio, costruiamo nuove grammatiche. Soprattutto nella presse jeunesse, dove la ricerca è in costante movimento, si ruba da un Duccio di Buoninsegna, uno sconosciuto murales mesoamericano o un Paul Klee per proporre all’editor di turno un “neo-immaginario”.

DeMedici Slot Machine, Joseph Cornell, 1942   -   Copertina di Sandman #1, Dave McKean, 1989

disegno di Egon Schiele, 1917   -   studi di Angelo Stano, 1989

Ragazza in poltrona, Pablo Picasso, 1937   -   Ector - Barrì Gotic, Riccardo Guasco, 2011

Nella mia libreria Duilio Cambellotti svetta su tutti i pittori: autodidatta, eppure grafico, decoratore, scultore e bronzista, ebanista, vetraio, incisore, illustratore di fiabe, costumista, scenografo, maestro in ogni disciplina, artista totale… nonostante al largo pubblico sia ancora così sconosciuto.

Xilografia tratta da Le Leggende Romane - Marmors, Cambellotti, 1929

La Fotografia è la nostra indispensabile fonte di documentazione, ma è spazio riassemblato in raffinati equilibri compositivi, astratti o espressionisti, se guardiamo i paesaggi di Giacomelli e i suoi ritratti sociali. È una storia raccontata con la massima eleganza, se vediamo attraverso l'occhio di Bresson.

Paesaggio, Mario Giacomelli, 1977-1978   -   Mare, Mario Giacomelli, 1953-1963

Brussels, Henri Cartier Bresson, 1932

L’Illustrazione per l’infanzia è quella terra di frontiera in cui tutto è ancora possibile, senza –però- rischiare di cadere nella voragine senza fondo che l’idea di Arte è diventata dai Dadaisti e dalle avanguardie di inizio ‘900 in poi.

Illustrazione di Wolf Erlbruch tratta da Neues ABC-Buch, 2003

TO BE CONTINUED
Qui la seconda parte.

2 commenti:

Jared ha detto...

Mio dio... hai citato Cambellotti!! Ho il lucciconi! è veramente troppo poco conosciuto per il valore artistico che possiede! io ci sto facendo una tesi a riguardo, dato che abbiamo il museo qui a Latina :D

il decu ha detto...

Beh, quello che ho scritto su di lui riflette chiaramente la mia passione ineguagliabile.
Conosco le sue opere e mi procurai il film "Autodidatta" prima ancora che venisse distribuito.
L'anno scorso sono riuscito a trovare, per un prezzo supereccezionale, una delle sue leggende romane (quelle stampate dal figlio e dal nipote per il ventennale della morte) che ora spadroneggia in soggiorno.

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